Quella montagna che sta dentro di noi, oggi sta cambiando


La montagna è un elemento di paesaggio radicato nella nostra cultura.

Non so se ci avete mai pensato, ma per noi che viviamo in montagna e di montagna, i prati da fieno, i pascoli, i boschi, le praterie d’alta quota, le pareti rocciose, le cime delle montagne e i ghiacciai sono elementi del paesaggio radicati nella nostra cultura.

La nostra vita passata, presente e futura è girata, gira e girerà attorno a queste componenti. Possiamo quindi affermare che è quella montagna che sta dentro di noi ad aver, in parte, modellato il nostro pensiero, il nostro essere, le nostre emozioni. Per amore, o per forza, dipendiamo da lei. Sarà capitato anche a voi, soprattutto da piccoli, di disegnare le montagne su un foglio e, se ricordate, sulle cime rappresentavamo la neve e i ghiacciai. Dopotutto, per chi vive nel nostro territorio, i ghiacciai, soprattutto, sono una componente sempre presente nel nostro campo visivo. Nel gruppo Adamello Presanella hai la loro massima espressione, dalle Dolomiti di Brenta li apprezzi, davanti a te, a 180 gradi. Se riflettiamo, i ghiacciai sono un elemento paesaggistico che ha per tutti noi un significato estetico, filosofico, etico, storico, economico e, non ultimo, scientifico. I ghiacciai ci possono raccontare storie legate all’esplorazione alpinistica, all’uso dell’acqua di fusione glaciale per la produzione di energia idroelettrica, agli sport estivi e invernali, agli eventi legati alla Guerra Bianca con il rilascio di reperti, alla ricchezza di specie di piante e animali esclusivi che vivono su di essi o attorno ad essi, di turismo che trova serenità e piacevolezza semplicemente nell’osservarli e tante altre.

La letteratura scientifica internazionale sta portando un numero crescente di solide dimostrazioni che il riscaldamento globale in atto è causa di emissioni antropiche di gas climalteranti. I ghiacciai in drastico ritiro e, in alcune zone, scomparsa, sono per tutti noi un simbolo tristemente iconico di questi cambiamenti.

Il nostro pianeta sta perdendo ghiaccio, e questo sta accadendo già da più di un secolo.

I ghiacciai in ritiro stanno modificando radicalmente la fisionomia del paesaggio d’alta quota e la loro perdita di volume non è l’unica evidenza.

I ghiacciai ci possono raccontare molteplici storie, ma potremmo essere l’ultima generazione che ha la possibilità di ascoltarle.

Ritirandosi stanno lasciando libere nuove aree che in breve tempo vengono colonizzate da nuovi organismi, sia vegetali che animali, organismi più competitivi, meglio adattati alle nuove condizioni ambientali. Questo però sta portando all’estinzione locale di piante esclusive di questi ambienti. Una recente ricerca, svolta dal Muse in collaborazione con altri enti di ricerca, riporta che potremo perdere circa il 20% delle specie d’alta quota che vivono ai margini dei ghiacciai.

Senza poi dimenticare l’estinzione locale, già accertata in alcune zone delle Dolomiti, di alcuni insetti, amanti del freddo che, per chi si occupa di scienza del clima, sono importanti sentinelle dei cambiamenti climatici. Dobbiamo quindi iniziare ad abituarci all’idea di avere nel prossimo futuro un paesaggio d’alta quota diverso rispetto a come lo disegnavamo da piccoli. Questo deve comportare nuove strategie di gestione, tutela, fruizione e valorizzazione di questi ambienti. I ghiacciai hanno un elevato valore pedagogico: portiamo quindi i bambini, i ragazzi, e i nostri figli a visitarli e sensibilizziamoli affinché piccoli cambiamenti nel loro e nostro agire quotidiano possano portare a un futuro più sostenibile

MAURO GOBBI. Milanese, ma con la montagna dentro di sé. Dopo aver conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Naturalistiche e Ambientali presso l’Università degli Studi di Milano, coglie l’opportunità di trasferirsi a vivere in Trentino iniziando a collaborare con l’allora Museo tridentino di Scienze naturali, oggi Muse-Museo delle Scienze di Trento presso il quale lavora come ricercatore ed entomologo. Con il suo gruppo di ricerca, e grazie alle collaborazioni internazionali, si occupa di investigare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità, con particolare riferimento alle comunità di insetti d’alta quota che impiega come sentinelle dei cambiamenti ambientali. Ha compiuto spedizioni scientifiche presso i ghiacciai delle Alpi, dei Pirenei, della Scandinavia e delle Ande che gli hanno permesso di vivere e condividere esperienze umane e lavorative di estremo valore.

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